Oggi, di sfuggita, ho sentito della morte di un soldato in missione di pace. Daniele Paladini, 35 anni. Pochi secondi dalla notizia ed è immediatamente partito il “gallinaio” dei politici. Perchè non riescono a tacere? Un po’ di rispetto per il dolore della famiglia. E, invece, colta subito la ghiotta occasione per sciacallare sulla notizia. Se la questione della presenza nei teatri di guerra è importante, allora la si ponga indipendentemente dal fatto che qualcuno muoia. Non può essere la morte di un soldato il motivo per restare o per andarsene. In situazioni pericolose è prevedibile che ci possano essere delle vittime e non si può pensare di partecipare a missioni del genere con la condizione che “se però muore qualcuno torniamo indietro” . Non è quindi la morte del militare un argomento per innescare una discussione. Questo è il momento per dispiacersi per l’uomo e per i suoi cari, non per le lacrime di coccodrillo. Ora, non ho volutamente affrontato il problema dal punto di vista se sia giusto o meno essere in missione semplicemente perchè, secondo me, rispetto a quanto è successo, non è questo il punto.
P.S. Un discorso a parte merita il modo in cui viene data la notizia:
Lascia una figlia di 6.
(immagino anche una moglie!)
Tra le vittime anche 4 bambini
(le vittime sono altri 9 civili afgani)
In totale, se non ho contato male, sono morte 10 persone e 13 sono state ferite ma gli unici degni di cronaca sono il soldato italiano e i quattro bambini. 1+4 su 23. Per inciso, credo che tutti avessero una famiglia.